Le strategie di Branding

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Cos’è un brand

Il brand significa “marca” in italiano, che si differenza dal “marchio”, che rappresenta il segno grafico distintivo proprio di un brand.

Il brand è un concetto molto ampio, che in Content University riassumiamo così: il brand è una scorciatoia nella mente delle persone.

Ovviamente, è molto più di così, nel senso che il brand comprende tanti elementi che costituiscono la sua brand identity, la personalità, il tono di voce e tutta l’identità verbale e perfino la brand purpose.

Amiamo definire il brand come scorciatoia mentale perché ci ricorda che tutto il lavoro che facciamo per la gestione di un brand è finalizzato al posizionamento del brand nella mente delle persone e sul mercato.

Prova a pensarci: se noi ti diciamo di pensare alla batteria che dura di più, a cosa pensi? Molto probabilmente, a Duracell. Pensa quanto vale questa scorciatoia mentale, quando per un acquisto di pochi euro, noi non siamo certo portati a fare lunghe ricerche per comprare il prodotto.

Questa scorciatoia però vale anche per prodotti molto più costosi: Louis Vuitton viene in mente a moltissime persone quando si pensa a una borsa di lusso, ad esempio e Mercedes quando si pensa a un’auto elegante, ma anche potente. Jeep, invece, colpisce un’altra categoria, e ha quindi un posizionamento completamente diverso.

Il brand è anche l’insieme dei messaggi, visivi e scritti, che comunica l’azienda e che rappresentano la sua personalità, il suo stile, la sua filosofia.

Noi giudichiamo velocemente tramite scorciatoie di senso: se non conosci nulla di vini e ti chiedono di comprare un “vino buono”, o scegli un vino che costa tanto, o scegli un brand da te conosciuto (Amarone? Brunello di Montalcino? Sassicaia?).

La tua valutazione, tra l’altro, sarà probabilmente giusta, anche se imperfetta.

Il brand Brunello di Montalcino è ormai una scorciatoia mentale per chi non conosce i vini e vuole un “vino buono”

Brunello di Montalicini - Fanco Pacenti

Perché creare un brand?

Da quello che abbiamo visto sulla definizione del brand, la risposta è semplice: perché creiamo una scorciatoia mentale preziosissima nella mente delle persone. Se ogni volta che 10 persone pensano a un problema che noi possiamo risolvere, 8 pensano a noi, abbiamo vinto anche se non tutte poi comprano, per questioni di prezzo o di altro.

Senza alcuno sforzo da parte nostra, le persone sono attirate dal nostro brand e dai presupposti – le promesse del brand – che noi abbiamo creato prima ancora che emergesse un problema nella loro vita, o un desiderio nel loro cuore.

Un caso emblematico oggi è il brand Tesla: ci sono probabilmente auto elettriche migliori (da tanti punti di vista) da case automobilistiche con decenni di storia, tecnologia e innovazione (pensiamo alla Prius di Toyota), eppure quando si parla di auto elettrica desiderabile, innovativa, non plus ultra, si pensa a Tesla. Anche se la maggior parte delle persone non solo non l’ha mai guidata, ma non ha neanche letto le specifiche tecniche. Questo e altri fattori ha fatto salire vertiginosamente il valore del brand Tesla che, di fatto produce ancora poche vetture, proprio rispetto al suo valore. Tesla, ad oggi, è una promessa.

Fonte: Tesla Italia

Questo però vale anche per un ristorante, di quartiere, una palestra, un negozio di gioielleria, un’azienda di servizi locale: tutte queste realtà possono costruire un brand che abbia senso per il loro business, quindi non per forza un brand globale.
Una volta che esiste questa scorciatoia, ad esempio, sulla “pizzeria dove trovi nuove pizze interessanti”, ogni volta che, durante una discussione tra amici e amiche, si dice “andiamo a mangiare qualcosa di diverso” o “cambiamo un po’”, si penserà a quella pizzeria. Il che renderà la pizza sempre piena.

Cosa significa brand building

Da dove partiamo nella costruzione di un brand? Sì, perché un brand si costruisce, con una strategia.
Che sia un piccolo negozio di provincia, un/a professionista o una grande azienda, possiamo creare, nel tempo, scorciatoie mentali che ci permettono di facilitare la vendita di nostri prodotti e servizi al nostro pubblico, con minore spesa pubblicitaria, proprio perché non dobbiamo convincere nessuno della bontà della nostra offerta: lo sanno già, lo possono percepire.
Il brand parte prima di tutto, secondo noi, da un ragionamento molto approfondito sul suo posizionamento.

Cos’è il brand positioning e come farlo bene

Posizionare un’attività significa trovare uno spazio nella mente delle persone ed occuparlo egregiamente con un’idea.
Posizionare un’attività sul mercato, significa dominare quel mercato quando le persone che hanno un determinato problema, o obiettivo, in mente, pensano alla nostra soluzione o, quando ci incontrano, preferiscono la nostra soluzione rispetto ad altri.

Posizionare nella mente del cliente un brand significa costruire una narrazione, visiva e testuale, che fa emergere un’idea, un sogno di appartenere al mondo del brand e di avere un prodotto o un servizio che trasformerà la vita delle persone.
Lo diciamo subito: non tutti possono farlo, ci dispiace. L’hotel tre stelle in riva al mare sulla riviera adriatica, insieme a centinaia di hotel tre stelle tutti uguali, non riuscirà a posizionarsi, perché non ha una Value Proposition, che vedremo tra poco, diversa da centinaia di altri: il brand è differenza, è un posizionamento il più possibile unico.

Fare brand building significa costruire questa narrazione che comprende:

Ovviamente, il prodotto deve essere buono, deve avere veramente qualcosa di diverso che il brand promette nella sua comunicazione, altrimenti sarà un successo di breve durata.
Vediamo degli egregi esempi di posizionamento di brand.

Posizionamento del brand Tiffany

Il brand Tiffany è costruito alla perfezione: dalla gamma di prodotti, che vanno dalle poche centinaia di euro a più di centomila euro a oggetto, Tiffany nella mente delle persone è quel brand elegante, sofisticato, mai troppo audace, con qualche nota simpatica e gioviale che la avvicina al pubblico. Diverso, ad esempio da un Louis Vuitton, Gucci, Prada o Chanel, che si posizionano più distanti dal pubblico e dicono al pubblico “sei tu che devi entrare nel mio mondo”.
Tiffany invece è famosa anche per il cucchiaino di argento da regalare al battesimo del bambino o della bambina, produce anche oggetti per la casa e l’ufficio. Entrano nella vita delle persone con eleganza, ma senza supponenza.

La brand identity è maniacale: dalla famosa blue box – hanno reso iconica perfino la scatola che contiene i suoi oggetti (quando il posizionamento del brand è fatto benissimo…) – al tono di voce, ai dettagli sul sito e in tutta la sua comunicazione, Tiffany è un brand da seguire e da cui potere imparare. È lusso, ma non per forza irraggiungibile, è sofisticato, ma anche adatto alla vita di tutti i giorni: un posizionamento unico.

Blue Box di Tiffany, fonte - sito web LVMH

Posizionamento del brand Rizoma

Andiamo a un brand molto più piccolo ma interessantissimo per il suo posizionamento: Rizoma è un’azienda che produce accessori per moto di alto livello, con una cura pazzesca del design. Abbiamo intervistato il suo fondatore, Fabrizio Rigolio, che ci ha raccontato della sua strategia di branding.

Rizoma si posiziona al di sopra del competitor: non è un’azienda di accessori moto, ma di accessori di design da sogno. Sono accessori più costosi della media, però permettono di personalizzare la moto in modo che solo poche altre aziende possono fare.
Un esempio sono gli specchietti Stealth, che si chiudono, permettono di fare un gesto che. nella mente del/la motociclista appassionato/a è fantastico: quello di creare aerodinamicità dove si pensa non sia possibile. Il brand è quindi basato sul design dei prodotti e sull’emozione che vogliono trasferire alle persone: non sono semplici accessori, ma un desiderio che diventa realtà. Anche questo è posizionamento: quando non vuoi un accessorio qualsiasi, pensi a Rizoma.

Stealth, lo specchietto che si piega, by Rizoma

Stealth, lo specchietto che si piega, by Rizoma

Brand Value Proposition

Una volta che abbiamo creato il posizionamento, dobbiamo pensare alla Value Proposition: concretamente, quale vantaggio diamo alle persone che altri brand non possono dare. La Value Proposition deriva dal posizionamento: Rizoma potrebbe avere, come Value Proposition, quella di dare “accessori che trasformano la tua moto in un’esperienza unica” proprio per la loro peculiarità di essere costruiti in modo diverso, curando particolarmente tecnologia e design.
La value proposition di Motion Array, sito che vende video, grafiche, foto, template e tutto quello che serve per professionistə dei video e della grafica è quella di dare una quantità infinita di template pronti e semplici da usare: una Value Proposition di grande valore, per chi lavora tutti i giorni con clienti che chiedono grafiche spettacolari.

Fonte - sito web Motion Array

La Value Proposition, quindi, specifica il valore del brand in modo differenziante e più concreto. Risponde cioè alla domanda: “ma perché io dovrei scegliere proprio te?”

Brand management: cosa significa e come farlo bene

Una volta che abbiamo costruito il brand, l’idea differenziante che vogliamo portare sul mercato, dobbiamo iniziare a gestirlo.
Cosa significa, “gestire un brand? Prima di tutto, significa mantenere la coerenza con il progetto che è stato creato. Il brand, che sia grande o piccolo, è un’entità pubblica. Avrai notato che qualsiasi cosa dica o faccia un brand è messo sotto la lente di ingrandimento: un piccolo passo falso, una dichiarazione poco fortunata, una pubblicità poco apprezzata posso finire su tutti i giornali.

Per questo, è importante gestire questa coerenza: coerenza di valori, di atteggiamento, di identità. Da un punto di vista pratico, significa creare delle linee guida da seguire: dai codici colore a come utilizzare (e non utilizzare) il logo, dal tono di voce (per le aziende più virtuose che non se lo inventano di sana pianta e lo inseriscono in una paginetta scarna nelle linee guida) alla Visual identity. Questo perché il brand, soprattutto quelli grandi, affidano la propria immagine a moltissime persone che non lo possono conoscere a fondo e che hanno bisogno di regole. In questo modo, ad esempio, una social media manager saprà quali immagini inserire su un post su Instagram, cosa dire, quali valori esprimere e cosa invece va contro la filosofia del brand.

Ma questa è solo la punta dell’iceberg: dalla pubblicità alle azioni sociali, tutto deve ricondurre al brand e al suo mondo.
Il brand può anche evolvere e anche questo passa dalla gestione della marca. Un brand statico può esistere, ma deve tenere anche conto della necessità di evolvere in un mondo che cambia.

Il mondo Ray-Ban, ad esempio, è cambiato rispetto ai tempi di Top Gun: oggi ci sono ancora collaborazioni con protagonisti dello sport, come nel caso della collezione Ferrari, però il mondo Ray-man è diventato un mondo cool fatto di persone che condividono amicizia, creatività e libertà di espressione.

Fonte: profilo Instagram Ray-Ban

Gestire un brand è importantissimo perché è facile essere incoerenti e quindi non riuscire a costruire un mondo in cui le persone possono aspettarsi quello che desiderano: trovare una comunità con dei valori simili a quelli che vuole vivere.

Come creare la brand identity

La brand identity è una parte del brand management ed è la creazione, e quindi anche la gestione, dell’identità di marca, che comprende:

  • logotipo;
  • font;
  • palette colori;
  • identità verbale con tono di voce;
  • identità visiva (intesa non solo come logo e colori, ma come scelta delle immagini che rappresentano il brand).

Se vuoi approfondire la costruzione di una brand identity, vai a questo articolo. Se vuoi costruire la tua brand identity, vai a questo corso.

Come aumentare la brand awareness

Una volta che abbiamo un brand, tuttavia, il nostro lavoro non è che all’inizio: adesso, abbiamo bisogno di un pubblico. La capacità del pubblico di riconoscere e anche di ricordarsi di un brand quando, ad esempio, ha un problema e vuole scegliere un prodotto, si chiama brand awareness e misura la capacità di un brand di occupare banda mentale. Se diciamo “fast food”, ti verranno in mente due o tre brand, anche se ce ne sono molti di più: se diciamo “mobili per la casa”, lo stesso. Questo vale anche per un brand locale: immagina di dovere comprare la torta per un compleanno: che pasticceria ti viene in mente?

La brand awareness si migliora con un lungo lavoro di esposizione del brand, ovviamente, come abbiamo già detto, con coerenza. Ecco, la ripetizione è importante, sicuramente, ma per renderla efficace, occorre una grande coerenza. Prova a immagina se Ikea oggi uscisse con una campagna in cui i colori principali sono il blu e il giallo, poi in un’altra il rosso e il verde: sarebbe difficile da riconoscere, vero?
Inoltre, a Ikea associamo prezzi bassi. Immagina se Ikea iniziasse a parlare di “mobili di lusso”: non sarebbe stranissimo? Meno coerenza abbiamo, più sarà difficile, anche tramite una (costosa) ripetizione tramite la pubblicità, l’esposizione sui social media e molto altro.

Lo storytelling ci aiuta ad aumentare la memorabilità del brand e il tempo speso a guardare le comunicazioni del brand in un mondo che è già invaso dalle comunicazioni delle aziende.
Cosa fare per aumentare la brand awareness?

  • Definire messaggi “pilastro”, che in Content University chiamiamo core message e che ti permettono di ripetere sempre messaggi semplici ma di grande impatto;
  • Raccontare storie, condividere con le persone, fare sentire e vivere il mondo del brand;
  • Mantenere un piano editoriale vivo e continuo, in funzione del proprio budget. Magari riduciamo, nel caso di aziende più piccole, il pubblico di riferimento, creando delle buyer persona più specifiche a cui comunicare, ma non limitiamoci a campagne pubblicitarie spot che non rimangono nella mente delle persone: dobbiamo essere costanti, nella comunicazione del brand.

Fonte - Engage.it

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